I have a dream

I have a dream

Sì, sì, cari amici: il Corriere del 13 gennaio ha dedicato la p. 2 al “Mismatch” tra offerta e domanda di lavoro e quindi alle competenze, figure, skills assortite che mancherebbero al nostro Paese con tanto di percentuali per ciascuna di esse. Peccato che nella pagina di fronte (la 3) i due esempi presi in considerazione, una giovane ed un giovane alquanto svegli, riguardavano persone che ce l’hanno fatta essenzialmente per spirito d’iniziativa e per responsabilità. CVD
E allora consentitemi di dirvi che “I have a dream” (ho un sogno nel cassetto) che a prima vista può sembrare una provocazione, ma che non lo è.
Vorrei che il Parlamento che stiamo per eleggere (o quello successivo) approvasse una legge secondo cui tutti coloro che non accettano una crescita progressiva delle loro responsabilità e delle loro iniziative (dalle più piccole in su) private o pubbliche regredisse ogni anno automaticamente come retribuzione del 2 per cento, e che invece tutti coloro che accettano tale crescita graduale ricevessero un aumento del 3 per cento.
Per due ragioni: perché l’economia moderna ha bisogno di responsabilità e di iniziativa (come il pane!), aborre lo spreco (di capacità, di impegno e di intelligenza), e suggerisce forme organizzative, anche grandi, di tipo versatile – tali da premiare, per l’appunto, responsabilità ed iniziativa individuali. E perché, uscendo dalla frantumazione del lavoro di tipo sindacale – del tipo non lo faccio perché non mi compete – vivremmo in un mondo più intraprendente e responsabile, ad ottima manutenzione, che cura i particolari, in cui conviene… guadagnarsi la pagnotta!
Un saluto!
Luca Meldolesi
Caro Professore Meldolesi,
grazie dei messaggi che ricevo.
In questo caso mi chiedo: cosa incentiva i comportamenti più positivi in modo efficace? Quali organizzazioni pubbliche o private italiane stanno sollecitando (non soltanto a parole) e premiando i comportamenti virtuosi coerenti con il suo sogno? Mi piacerebbe saperlo e parlarne, anche perché penso utile non lasciare indipendenti premialità e penalizzazioni e neppure lasciarle governare da astratte “gaussiane”, che diano la percezione formale di un sistema premiante adeguatamente selettivo.
Cordialmente,
Pietro Petraroia
già Direttore della Reggia di Monza.
Riesco ad arrivare fino ad un certo punto, caro Diretttore: non oltre..
Personalmente, cerco di imparare da imprenditori amici, che spesso mi dicono, riferendosi ad una/un giovane: “che ne posso fare di quella/o lì?”; oppure l’inverso: “quella/o lì… forse si potrà fare”.
In altre parole, se non mi sbaglio, il processo di transizione dalla prevalenza di un lavoro strettamente esecutivo ad una di un lavoro di tipo attivo/responsabile/creativo non ha ancora formato nella società e quindi nei giovani comportamenti ad esso corrispondenti.
Soffriamo di un ‘lag’ collettivo!
E’ questa, a mio avviso la vera ragione dei vituperati lavori a termine ed anche (in parte) dell’alto livello dell’occupazione: l’imprenditore non può sbilanciarsi a favore di un suo collaboratore (“precario” o eventuale che sia) se non è certo di ciò che fa. E non ha senso pretendere di imporglielo…
Qui si apre un altro ragionamento.
Sono da sempre schierato dal lato della giustizia sociale.
Ed il mio lavoro mi dice, che delle due attività principe di governo (a tutti i livelli) – quella dello sviluppo e quella della redistribuzione – conviene, quando è possibile, prendere la strada che va dal primo al secondo, piuttosto che viceversa. Perché,quando le cose vanno bene é più facile, ottiene più consenso sociale sospingere la società ad essere generosa e giusta. Non è così?
In questo caso, dovrei trovare nel sistema pubblico (cosa che ancora non mi è riuscita) dei partner disposti a sperimentare forme mini-premiali, analoghe (ma anche diverse rispetto) a quelle che usano spontaneamente gli amici imprenditori, per dimostrare sul campo che si ottengono in quel modo risultati straordinari.
Quando ho lavorato a Palazzo Chigi, ho scritto per l’allora Presidente del Consiglio Giuliano Amato delle “coccarde”, così le avevamo chiamate – vale a dire delle segnalazioni di situazioni che (girando molto per il Sud come Comitato per l’emersione) mi erano sembrate particolarmente meritevoli dell’attenzione di Amato.
Affinché, per l’appunto, venissero premiate – anche solo con una coccarda!
In altri termini, non ho dubbi che con un po’ di ingegnosità, sarebbe possibile, per situazioni determinate, trovare forme concrete, anche transeunti, di sollecitazione al cambiamento.
Ma è necessario incontrare partner pubblici che ne siano veramente convinti e che siano in grado di mettere in pratica tali sperimentazioni per ottenere risultati inequivocabili da mostrare urbi et orbi; per trasformare zone semi-assistenziali del lavoro pubblico in lavoro vero; e quindi anche per avere la possibilità di fare molto, molto meglio, all’interno ed all’estero, dal lato della giustizia sociale – cosa di cui avverto da sempre un gran bisogno.
In attesa, mi pare che convenga continuare a chiarire questa questione chiave – anche per mettere alla berlina l’iinvadente ideologia populistico-piagnona di destra e di sinistra che, purtroppo, condiziona oggi le nostre sorti.
La ringrazio per la sua sollecitazione!
Con viva cordialità!
Luca Meldolesi
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A lezione da Valeria (24 nov. 2017): Sviluppo possibile