Intervista a Franco Cioffi componente dell’OIV del comune di Castellammare di Stabia (Na)

Intervista a Franco Cioffi componente dell’OIV del comune di Castellammare di Stabia (Na)

Castellammare di Stabia (NA), 5 dicembre 2016
D) Quando hai ricevuto la nomina di componente dell’OIV del comune di Castellammare di Stabia (Na)?
R) A marzo 2014, e fu inaspettata dal momento che avvenne a seguito della bocciatura, da parte dell’Anac, di un candidato che non presentava i requisiti minimi professionali previsti per legge.
D) Quale era il clima che all’epoca dei fatti si respirava nella casa comunale?
R) L’ente proveniva da anni bui di gestione politica/amministrativa, da fatti di cronaca eclatanti (consigliere comunale ucciso dalla camorra) e da poco era stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario.
D) Fu facile l’inserimento nell’OIV?
R) Si perchè, per quanto i 2 colleghi dell’OIV mi fossero estranei e sia stato necessario un minimo di tempo per carburare e contaminarsi, ci accomunavano percorsi professionali simili e la condivisione di forti valori etici.
D) Esisteva già una cultura consolidata sul tema della valutazione all’interno del Comune?
R) No. La valutazione era considerata dagli addetti ai lavori una chimera. Di conseguenza i dirigenti e i dipendenti erano abituati ad essere valutati in maniera blanda.
D) Come si comportò la componente politica?
R) Certo non ci agevolò, anche perchè distratta dal dissesto finanziario.
D) E quindi davanti ad uno scenario così complesso e desolante che cosa decideste di fare?
R) Sulla base di queste premesse decidemmo come OIV di adottare una strategia graduale di contaminazione ambientale, facendo leva sul buon senso (senza però demordere dall’obiettivo) e cercando di interpretare il ruolo nella maniera più estensiva possibile. Questo, ad esempio, ci portò, sulla base di un’accurata indagine sul campo, a proporre un nuovo organigramma/funzionigramma che, per quanto apprezzato dagli allora sindaco e segretario generale, rimase però lettera morta. Si tenga presente che, all’epoca dei fatti rispetto ai 9 settori previsti dal regolamento della casa comunale, vi erano solo 4 dirigenti peraltro in perenne contrasto tra di loro.
D) Puoi sintetizzare lo stato dei fatti all’epoca dell’insediamento?
R) Certo. Rispondo per punti:

  • i dirigenti facevano fatica a distinguere tra obiettivi e modalità;
  • gli obiettivi per l’anno corrente venivano presentati alla fine dello stesso;
  • la gestione ordinaria diventava un obiettivo;
  • gli obiettivi, in alcuni casi, erano ripresentati identici a quelli degli anni precedenti magari solo con qualche piccola modifica;
  • si confondeva e si sovrapponeva la performance dei dirigenti con quella dei dipendenti;
  • i dirigenti percepivano quasi sempre il massimo della retribuzione sia in termini di posizione che di performance;
  • i dipendenti, nella stragrande maggioranza dei casi, percepivano tutti il premio di produzione senza distinzioni di merito;
  • i dirigenti si muovevano in ordine sparso e, spesso, in contrasto tra di loro favoriti dal mancato coordinamento della componente politica;
  • la formazione continua dei dirigenti e dei dipendenti era impercettibile;
  • i dirigenti erano dei discreti tecnici ma facevano fatica a gestire i processi organizzativi giustificandolo con generiche difficoltà ambientali ecc.

D) Quindi una situazione di partenza abbastanza compromessa?
R) Si. Che, con una strategia morbida fondata su uno stile di direzione partecipativo, riuscimmo appena a scalfire.
D) Che cosa successe poi?
R) A seguito di una prolungata crisi politica cadde la giunta e furono nominati un commissario prefettizio e un nuovo segretario generale. Ma questo non ci favorì. Anzi, la situazione peggiorò. Avemmo la chiara percezione che, non avendo più una componente politica a cui riferirsi ed essendo alla fine del mandato, eravamo più facilmente soggiogabili e messi all’angolo. Iniziarono delle azioni di disturbo a cui decidemmo collegialmente di reagire, nel silenzio e isolamento più assoluto, alzando il tiro anche a futura tutela del nostro operato davanti alla magistratura ordinaria e alla Corte dei Conti.
D) In che modo?
R) Prendendo spunto dal fatto che, nonostante le diverse sollecitazioni verbali e scritte, i dirigenti non avevano provveduto a presentare le schede obiettivo per l’anno in corso (eravamo ad aprile 2016), proponemmo al commissario prefettizio (che accettò) di cambiare le modalità di valutazione dei dirigenti. Non più una valutazione al 100% su obiettivi con i limiti di cui sopra ma, il 30% sugli obiettivi e, il restante 70%, sulla base delle capacità organizzative e di direzione che avremmo appurato sul campo attraverso accessi concordati e programmati nei settori e nei servizi di pertinenza dei dirigenti.
D) A questo cambio di passo i dirigenti come reagirono?
R) Sottovalutarono la questione al punto che non avvisarono i dipendenti delle nostre visite, nonostante il calendario concordato e condiviso. Questo ci agevolò in quanto il campione intervistato a caso, preso alla sprovvista, confermò appieno quello che per noi era più di un’ipotesi: i dirigenti, pur con tutte le attenuanti del caso, gestivano male le risorse umane a disposizione e, più in generale, i processi organizzativi. Insomma, il riscontro empirico sul campo mise a nudo tutti i limiti di gestione dei dirigenti privandoli di tutti gli alibi possibili. La conseguenza, inevitabilmente, fu (tranne in un solo caso) una valutazione negativa che si tradusse in una riduzione del premio di produzione.
D) Poi che cosa successe?
R) Le urne elettorali, arriviamo quindi ai giorni nostri, premiarono una giunta di centro-sinistra con un sindaco ed un vice sindaco che sin da subito dimostrarono di apprezzare il nostro lavoro facendolo loro.
D) In che modo?
R) La giunta sta lavorando alla riorganizzazione della macchina comunale sulla base della nostra proposta di cui sopra. Sono stati assunti a tempo determinato (in attesa di bandire i concorsi) nuovi dirigenti scelti tra le migliori posizioni organizzative interne (risorse sino ad allora non considerate) e liste esterne. Il segretario generale, sempre sulla base di una nostra pressante sollecitazione, ha predisposto un tavolo di coordinamento operativo dei dirigenti da lei presieduto che si riunisce settimanalmente ogni lunedì. La formazione continua dei dirigenti e dei dipendenti è ritenuta di strategica importanza al punto che sono stati predisposti obiettivi ad hoc. I dirigenti ci hanno manifestato l’esigenza di essere formati sul campo su alcuni aspetti salienti come la gestione delle risorse umane, amministrazione e controllo gestione (richiesta evidentemente accettata con onore, piacere e a costo zero per l’ente). Gli obiettivi per la valutazione delle performance dei dirigenti sono stati concordati con la giunta e corrispondono ai requisiti di legge. Il sindaco ed il vice sindaco presidiano il Comune come si conviene ad un direttore generale e al suo vice. C’è una forte determinazione a non erogare più indiscriminatamente ai dipendenti il premio di produzione a prescindere dall’impegno profuso. Insomma un cambio di paradigma forte che speriamo possa durare nel tempo a prescindere dalla nostra presenza come componenti dell’OIV.
D) Che cosa ti senti di rimarcare di questa esperienza ancora in corso?
R) È evidente che è prematuro esprimere un giudizio definitivo, però vorrei comunque evidenziare alcuni aspetti salienti di questa esperienza. Innanzitutto voglio confermare che perseveranza, etica e professionalità pagano sempre, anche in condizioni ambientali proibitive e con un minimo impegno di tempo (come OIV ci riuniamo almeno 2 volte al mese) e che quindi è possibile fare di più con meno. Come anche un’interpretazione più estensiva delle competenze degli OIV sarebbe auspicabile a patto che i componenti siano scelti tra professionisti con un profilo di esperienze e competenze più ampio rispetto al valutatore puro.
D) A partire da quest’esperienza ed in maniera generica che idea ti sei fatto rispetto alle risorse umane nella PA?
R) I dirigenti e le posizioni organizzative rappresentano un capitale strategico di qualsiasi ente a condizione che vengano formati e valorizzati, e che si esca da un equivoco di fondo: la conoscenza tecnica del settore in senso stretto non è sufficiente per poter governare processi ad ampio spettro di competenze. A solo titolo d’esempio: un architetto può essere un buon tecnico ma un pessimo dirigente se non è in grado di gestire le risorse umane e non ha un minimo di conoscenza in materia amministrativa. Come anche pensare che una maggiore produttività sia ottenibile con un’appendice retributiva secondo la logica di un’equazione lineare è una pura utopia. Quest’approccio manifesta un senso d’impotenza del legislatore che ha ripiegato su leve economiche per sopperire alle lacune formative dei dirigenti in tema di gestione delle risorse umane e dei processi in generale. Un buon manager è quello in grado di governare i processi organizzativi facendo leva sulla retribuzione globale fatta di aspetti materiali (soldi) e immateriali (riconoscimenti formali e informali, premi non in denaro, miglioramento e cordialità degli ambienti lavorativi, adozione di uno stile di direzione di carattere partecipativo ecc.). Del resto, il fallimento delle politiche retributive al fine del miglioramento delle performance è sotto gli occhi di tutti: il premio di produzione è diventato ormai una componente consolidata ed irreversibile della retribuzione fissa dei dipendenti a fronte di miglioramenti in termini di efficienza pari a zero. Se decidete di non erogarlo e provate a spiegarne i motivi a dipendenti e sindacalisti vi verrà risposto all’unisono che quella che in origine era stata pensata come una retribuzione premiante oggi va riconsiderata come un parziale risarcimento conseguente al mancato rinnovo del contratto collettivo di lavoro fermo da anni.
D) C’è qualche altro aspetto che vuoi evidenziare?
R) Si. A mio avviso c’è un’altra questione chiave e di strettissima attualità: in nome di una presunta trasparenza, legalità e spending review la PA si è avviata verso una pericolosissima deriva populista a danno di efficacia ed efficienza dei fatti economici ed organizzativi. Immaginare che, in nome della trasparenza, s’imponga la rotazione periodica dei dirigenti senza tener conto dei percorsi di studi e professionali è una cosa aberrante. Questo significa nei fatti che un ingegnere potrà diventare dirigente dell’ufficio tributi e un laureato in giurisprudenza dirigente del settore lavori pubblici. Altrettanto infausta è l’idea che un servizio pubblico possa essere aggiudicato a terzi solo sulla base di un’analisi economica al ribasso senza entrare nel merito dell’offerta e, peggio ancora, senza monitorarne i contenuti dell’erogazione. Insomma, si ha la precisa sensazione che, davanti ad una diffusa inefficienza e fenomeni collusivi e corruttivi, lo stato abbia abdicato alla sua funzione di governare i processi nel merito e nel dettaglio. Si preferisce nascondersi dietro la norma senza neanche indagare e domandarsi se la stessa sia funzionale alle finalità. È un pericoloso segnale di resa che, peraltro, fornisce un alibi legale ai dirigenti che si appiattiscono sulla conformità alla legge senza prendere iniziative difformi dalla stessa che, magari, potrebbero essere funzionali al reale perseguimento dell’efficientamento dei settori e dei servizi.